L'ItaGLia è sicura. Posso già chiudere il blog
Quella nel titolo, è pura ironia, l’Italia informaticamente parlando non ha vinto il palmares della security e no, il neonato codiceinsicuro non chiude.
E’ successo che questa mattina vedessi un’intervista ad un IT Manager di un importante carrier italiano. Questi affermava che l’Italia era sicura, che esistevano straordinarie misure di protezione contro i denial of service distribuiti e altre amenità.
Sicuramente la pessima informazione che i media fanno in questo settore, con la scusa di dover parlare a persone con un livello tecnico basso1, contribuisce a rendere il nostro Paese, altro che sicuro… lo rende lo zimbello del mondo in campo tecnologico.
Sicuramente esportare al mondo storie come quella dell’invezione di sha7: l’algoritmo di cifratura più sicura del mondo, con tanto di comunità italiana delle startup in fermento per tanto concentrato di fuffa, non rende la nostra immagine come quella di un Paese che è pieno di gente capace che di tecnologia ne capisce davvero.
In realtà, l’intervista è un puro spot marketing per vendere i servizi di security offerti dal carrier. Ci potrebbe stare se venduta per quello che è, ovvero una descrizione dei servizi offerti e bla bla bla ma sparare il titolo sensazionalistico che l’Italia supera l’esame della sicurezza è pura disinformazione.
Fa passare il messaggio che la security all’interno delle aziende non serve perché tanto c’è il carrier che ci protegge dai DDOS.
Quante aziende hanno al proprio interno un processo consolidato di Vulnerability Management? Quante aziende hanno al proprio interno un processo di protezione della postazione di lavoro? Quante aziende fanno regolarmente e fanno fare ai propri outsource, penetration test applicativi e code review sulle applicazioni web che vengono pubblicate?
La sicurezza non è comprare un prodotto o fare un’attività una tantum di verifica. Se installi Nessus, ovviamente la versione free mica vorremmo far spendere soldi all’azienda per il proprio bene, e fai una scansione un paio di volte all’anno non stai facendo vulnerability management. In realtà non lo fai neanche se lo fai girare una volta al giorno, a meno che poi tu strutturi il report e fai scatenare delle attività di patching mirato a fronte delle vulnerabilità più critiche.
Questo concetto non riesce proprio a fare breccia né nell’IT Manager Italiano medio, né nella stampa (sia quella generalista che sta ancora in piena crisi Heartbleed, sia quella specialistica rivolta ai decision maker).
L’IT Manager non è opportunamente guidato, a mio avviso per decidere cosa deve chiedere alla propria struttura interna di information security. Ehi, non è uno stupido, se gli spieghi rischi e benefici anche senza scendere in tecnicismi è mille volte meglio di propinargli l’ennesima sbobba markettara2.
Le conferenze di settore
Cartina al tornasole di quanto ci piace indorarci la pillola autoproclamandoci ed autoacclamandoci sono le conferenze di settore, o almeno la maggior parte di esse.
Spesso organizzate in lussuosi hotel dove regna lo sfarzo e dove l’ergonomia, la connettività garantita, l’acustica della sala, la logistica tutte caratteristiche che non riescono ad avere il sopravvento rispetto a due cose che l’italiota medio ritiene fondamentali:
- le hostess, possibilmente carine e ancor più possibilmente scollate
- abbondante catering
Avere track di formazione qualche giorno prima dei talk? Chissenefrega. Avere dei talk di approfondimento tecnico? Secondario, vuoi mettere se al desk ad accogliere il panzuto IT Manager non c’è il sosia di Drew Barrimore?
Gli argomenti ultimamente sono sempre gli stessi:
- la sicurezza nel cloud
- Identity and Access Management (IAM per gli amici)
- il dark web, perché alla fine non posso esagerare con la scollatura quindi devo dare un po’ di fantapolitica, un po’ di cybercrime.
Per carità, il problema della criminalità organizzata in Internet o delle cyberwar è molto più che serio. Ma noi qui siamo ancora allo stadio di avere database pubblicati sui server web aziendali in DMZ o altre porcate simili tipo memorizzare password in chiaro.
C’è poi una cosa spesso molto curiosa. Le conferenze di security sono fatte da persone di security, per persone di security o male che vada qualche talk markettaro per accaparrarsi i clienti. Di sviluppatori, pochi o non pervenuti.
Com’è possibile che io possa costruire una buona cultura di sviluppo sicuro se non vado alle conferenze di sviluppatori a parlare di security con il linguaggio degli sviluppatori?
Secondo me l’interlocutore per parlare di vulnerabilità web è chi il codice web lo mette online, chi lo scrive. Ed è quello che accade all’estero dove spesso sono gli stessi sviluppatori a raggiungere un livello tale da poter parlare di security e di come implementano la security nel loro codice.
Sicuramente sulle conferenze e sui talk ci tornerò spesso qui sul blog.
Il prossimo Owasp Day è a Genova
Diverso, ma potrei essere di parte in quanto faccio parte del board di Owasp Italia è il taglio che viene dato agli Owasp Day che vengono organizzati.
Quello organizzato al volo da Matteo Meucci, chair di Owasp Italia, si svolgerà tra una settimana, il 14 Maggio a Genova. Vista anche la presenza importante di Gary McGraw e vista l’organizzazione nell’Ateneo della città ligure che patrocina l’evento, suggerisco a tutte le persone che scrivono codice, che gestiscono server, che sono security manager, che sono IT Manager o che hanno a che fare in qualche modo con codice web rilasciato, di partecipare ad eventi come questi.
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se io conosco un argomento bene ed il mio mestiere è scrivere allora sono in grado di usare il linguaggio appropriato per far comprendere a tutti un concetto senza scendere in tecnicismi. Se io non conosco un argomento, scrivo una marea di stronzate nascondendomi dietro alla scusa di dover essere il più generale possibile. Questa può essere la definizione dell’informazione su temi tecnologici (o scientifici in generale) di molti media. ↩
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ho promesso un blog di application security, non un blog politically correct. ↩
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